Da qualche tempo nel mondo del tifo, soprattutto calcistico, va molto di moda sostenere che si tifa solo per la maglia. Anzi, “si tifa la maglia”, rendendo miracolosamente transitivo il verbo “tifare”. Qui la pensiamo un po’ diversamente, visto che qualcuno quelle maglie (calottine nel nostro caso) le dovrà pur indossare per dar loro vita. E ai nostri giocatori ci affezioniamo. Magari non a tutti nello stesso modo, ma di molti conserviamo ricordi particolari. La scorsa estate ha visto una delle più imponenti (e tristi) diaspore mai registrate nel mondo della pallanuoto, lo scioglimento de facto di quella Pro Recco “europea” che aveva appena portato a termine la stagione più impressionante della storia biancoceleste, non solo per i trofei vinti ma per il modo. L’intera legione straniera, ad eccezione di Madaras, lasciava Recco, uno solo restava in Italia (Molina), due sceglievano il ritiro (Benedek e Kásás), gli altri a cercare altrove un ingaggio all’altezza della propria classe e della propria fama.
Un terzetto non da poco (Filipović, Burić, Zloković) accettava le proposte del nome nuovo della pallanuoto serba, il Radnički Kragujevac nel quale ritrovavano un altro ex di spicco come Vanja Udovičić (e ad essere pignoli ci sarebbe pure Andy Stevens, il portierino statunitense che per metà stagione lo scorso anno si allenò con la Pro Recco). Ora, succede che una squadra con simili giocatori riesca a raggiungere il suo obiettivo minimo dichiarato, la finale di Euro Cup, e che ad affrontarla ci sia una squadra italiana, la Florentia dove guarda caso gioca Willy Molina (e col buon vecchio Leo Sottani in panchina). Insomma, per un giorno alcuni dei nostri ragazzi saranno a due ore da qui per una partita. Possiamo forse non esserci?
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È mercoledì pomeriggio, in quattro salgono in auto con direzione Firenze. Hanno passato la domenica mattina in un garage a scrivere striscioni personalizzati, e indossano le magliette d’ordinanza come se fosse la Pro Recco a giocare, come a ricercare l’aria di quell’ Europa che la rivoluzione della scorsa estate li costringe a guardare dalla finestra. Piove per tutto il tragitto, sembra diventata un’abitudine quella delle trasferte bagnate, ma il viaggio non ne risente: alle 18 l’auto parcheggia davanti alla Nannini, c’è tempo di mangiare qualcosa e prendere un caffé. Dentro al baretto davanti alla piscina, seduto ad un tavolino, la prima faccia conosciuta della serata: Vanja Udovičić, che dissimula la sorpresa con la sua proverbiale faccia tosta e scambia volentieri due chiacchiere. Ore 19, all’apertura dei cancelli il quartetto fa il suo ingresso in tribuna.
Filip Filipović è un atleta esperto ormai, ha giocato le partite più importanti a cui un pallanuotista possa aspirare e quella di stasera non dovrebbe scuoterlo particolarmente, eppure c’è qualcosa che lo spiazza. Che ci fanno quelli con le maglie della Pro Recco a Firenze stasera? Chi sono? Poi guarda meglio, capisce e parte spedito ad abbracciarli col sorriso più ampio che gli abbiano mai visto in volto. Lui che aveva incontrato due di loro a Recco il giorno prima di tornare in Serbia, e li aveva salutati con uno sguardo che trasmetteva tutto il suo dispiacere per l’addio, è quasi senza parole ora, riesce solo a dire “non potevate fare sorpresa migliore”. Poi “Bura” Burić, che qualche sospetto doveva pur averlo visto che i quattro avevano contattato papà Stelio per sapere se sarebbe venuto a vedere la partita, memori della trasferta a Oradea, e poi Boris Zloković, quello che parla italiano meglio di tutti (“a Kragujevac c’è la fabbrica della FIAT, ci sono tanti italiani, di sera vado nei locali e sento gente che parla italiano e così mi ricordo”). Willy Molina segue a ruota; la sua Sofia e il piccolo Leonardo sono stati i primi ad essere salutati all’ingresso in piscina, lui lo hanno già incontrato due volte in campionato, ma il piacere anche in questo caso è del tutto particolare.
La tribuna comincia a riempirsi, e i tifosi fiorentini guardano con un misto di sorpresa e sospetto questi tipi che indossano la maglia di una squadra che non c’entra nulla con la partita, armati di un fascio di bandiere e seduti proprio al loro fianco. Che roba sarà mai? Alle 20.20 il mistero si spiega: le due squadre sfilano per la presentazione, si schierano proprio davanti al pubblico, inizia la lettura delle formazioni. “Numero 2: Damir Burić”, e si alza uno stendardo con un cuore e un altro con scritto “Bura” e il numero 2. Filip e Boris sono uno a fianco all’altro, capiscono che toccherà pure a loro e gli occhi gli si illuminano ancora una volta; i numeri sono cambiati rispetto a quelli che portavano a Recco, ma non importa. “Numero 9: Boris Zloković….numero 10: Filip Filipović….numero 11: Vanja Udovičić”, a turno salgono i due aste coi loro nomi, e poi ancora durante la lettura della formazione della Florentia “numero 5: Guillermo Molina” per il quinto e ultimo omaggio. Tutti pronti, si inizia e il primo ad andare a bersaglio è proprio Filipović; pareggia Pagani, ma Bura realizza dai due metri. Sembra un incontro equilibrato, addirittura i padroni di casa si portano sul 3-2, poi arriva una doppietta di Gak e la seconda marcatura personale di Filip, che si gira e punta il dito a dedicare la rete ai suoi quattro amici recchelini. Segnerà poi ancora su rigore, mentre Boris, Vanja e soprattutto Willy restano a secco. Finisce 8-4 per il Radnički, è ora di andare a salutarli ancora. Dritti in mezzo al settore riservato ai tifosi serbi, sorpresi pure loro e persino ammirati a giudicare dagli sguardi e dalle strette di mano che vengono scambiate. La missione è raccogliere le firme dei ragazzi sullo stendardo col cuore, il solito Filip aggiunge un cuoricino al suo autografo. Ancora sorrisi, strette di mano e abbracci, qualcuno promette di tornare a Recco appena possibile. Non c’era la Pro Recco in vasca stasera, ma per quei quattro non fa alcuna differenza. Si torna a casa soddisfatti, con la piacevole sensazione di aver lasciato un segno nel cuore di chi talvolta veniva accusato di non averne. Grazie ragazzi, a presto.